Whistleblowing già presente nella 231
Imprese al passo con il whistleblowing. Il DDL che impedisce misure di ritorsione nei confronti dei dipendenti che segnalano condotte illecite sia nel pubblico sia nel privato, ma da una ricerca Confindustria-Tim emerge una buona attitudine delle aziende all’“autodisciplina”. I dati sono stati presentati a Treviso nell’ambito di un convegno, organizzato da Unindustria servizi e formazione di Treviso e Pordenone, dedicato a «Imprese e responsabilità da reato degli enti – Il banco di prova delle esperienza applicative».
Al centro della discussione, come ovvio, i modelli organizzativi che della nuova normativa sul whistleblowing sono un cardine: al loro interno dovranno infatti essere previsti meccanismi di segnalazione anonima e sanzioni per chi in azienda dovesse agire penalizzando il dipendente segnalatore. E allora, il campione di una ricerca che aveva come obiettivo la verifica del livello di diffusione dei modelli organizzativi disciplinati dal decreto 231/01 ha coinvolto 100 imprese di dimensione medio piccola distribuite in otto Regioni, dalla Lombardia alla Sicilia.
L’indagine rivela la buona sensibilità delle imprese che, infatti, per l’87% adottano sistemi di regolazione del fenomeno del whistleblowing. Tra queste, la metà ha introdotto una casella di posta elettronica dedicata alle segnalazioni, mentre il 28% prevede che esse siano inviate all’indirizzo mail dell’organismo di vigilanza. Quasi un terzo di questi strumenti garantisce l’anonimato del segnalante. L’87% delle imprese partecipanti all’indagine dichiara di conoscere la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti. Tra queste rientra la quasi totalità delle imprese di più grandi dimensioni (con oltre 250 dipendenti o con fatturato superiore a 250 milioni di euro).
Nel corso del convegno sono stati esposti anche i dati dell’Osservatorio guidato dal professor Riccardo Borsari, docente di Diritto penale commerciale all’università di Padova, sui procedimenti avviati dalle procure del Triveneto compresi nel perimetro del decreto 231/01. Dati dai quali risulta evidente un netto calo dei fascicoli negli ultimi cinque anni: se infatti nel 2012 i procedimenti erano 74, l’anno scorso sono stati solo 41. E tra i reati presupposto, quello di gran lunga più contestato sono le lesioni personali colpose in violazione delle norme a tutela della sicurezza del lavoro.
Dalla rilevazione emerge che l’interpretazione prevalente è della non obbligatorietà di apertura di un procedimento penale quando viene iscritto un reato presupposto a carico della persona fisica; con la conseguenza di un elevato margine di discrezionalità di ciascuna Procura, anche in rapporto ai mezzi che ha a disposizione e del carico di lavoro dei suoi uffici.