Sicurezza sul lavoro: le posizioni di responsabilità del datore di lavoro, dirigente e preposto

Sicurezza sul lavoro: le posizioni di responsabilità del datore di lavoro, dirigente e preposto

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Un infortunio é riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto se legato alla concreta esecuzione dei lavori, a quella del dirigente se dovuto alla organizzazione e del datore di lavoro se derivante da scelte gestionali di fondo.

La Corte di Cassazione ha messo in chiara evidenza la differenza che nelle strutture aziendali complesse esiste fra la posizione di garanzia del datore di lavoro e quella del dirigente e del preposto nonché la differenza ai fini della individuazione del garante della sicurezza tra il soggetto delegato dal datore di lavoro e il preposto aziendale, il primo investito degli obblighi trasferitigli dal datore di lavoro e il secondo da quelli che gli derivano direttamente dal legislatore con il D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.. Un infortunio è generalmente riconducibile, ha infatti sostenuto la suprema Corte nella sentenza, alla sfera di responsabilità del preposto se occasionato dalla concreta esecuzione dei lavori a quella del dirigente se legato alla organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro se derivante da scelte gestionali di fondo.

Il fatto

La Corte di Appello, a seguito del ricorso presentato dal datore di lavoro e dal preposto di un’azienda ho confermata la sentenza emessa nei loro confronti dal GUP del Tribunale da questi appellata condannandoli al pagamento delle ulteriori spese processuali. Il GUP del Tribunale aveva dichiarato entrambi gli imputati responsabile dei reati di cui all’art. 113, 40, 589 c. 1 e 2 c.p. perché con condotte colpose indipendenti ed in particolare:

• il primo nella duplice qualità di datore di lavoro responsabile e direttore di cantiere, per colpa consistita in:

a) imprudenza, negligenza ed imperizia nonché:

b) nella violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed in particolare:

1) per non aver provveduto ad allestire le necessarie armature di sostegno allo scavo, luogo in cui è avvenuto l’incidente e ciò in violazione dell’art. 13 co. 1 e art. 77 DPR n. 164/1956;

2) per aver costituito un deposito di materiali sul ciglio del predetto scavo in violazione dell’art. 14 e art. 77 DPR n. 164/1956;

3) per non aver disposto e preteso che il lavoratore infortunato osservasse le norme di sicurezza previste nel piano di sicurezza di cui art. 4 lett. c) e 289 lett. c) DPR n. 547/1955;

• il secondo, in qualità di preposto e direttore di cantiere, per colpa consistita in:

a) imprudenza, negligenza, imperizia nonché:

b) nella violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro ed in particolare: per non avere esercitato la dovuta vigilanza, ai sensi dell’art. 18 co. 8 L. n. 55/1990 e art. 31 L. n. 109/1994 e successive modifiche, affinché provvedesse a mettere in sicurezza lo scavo in violazione dell’art. 4, 6, 391 lett. b) DPR n. 547/1955, cagionavano con condotte omissive aventi efficacia causale la morte del lavoratore infortunato il quale, collocato sul fondo dello scavo in qualità di addetto al controllo delle fasi di scavo per individuare la quota della falda di acqua da convogliare in apposita vasca in c.a., in assenza delle necessarie armature di sostegno dello scavo e privo del casco e di ogni dispositivo di protezione individuale, per un franamento di una porzione della parete dello scavo dovuto all’assenza di armatura, alla scarsa pendenza della parete di scavo ed infine, alla presenza di acqua nel terreno interessato, rimaneva ricoperto parzialmente (arti inferiori fino al bacino, arti superiori, parte del tronco e parte del viso) e riportava lo schiacciamento del tronco e conseguente immobilizzazione toracica cui sono seguite emorragia addominale shock emorragico e terminale e insufficienza cardio-respiratoria,

ed inoltre il datore di lavoro

B) della contravvenzione p. e p. dall’art. 4 co. 5 punto d) D. Lgs n. 626/94 per non avere fornito al lavoratore infortunato i necessari dispositivi di protezione individuali;

C) della contravvenzione p. e p. dall’art. 4 co. 5 punto e) D. Lgs n. 626/94 perché non aver preso le misure appropriate affinché il lavoratore infortunato che non aveva ricevuto le adeguate istruzioni, non accedesse alla zona dello scavo che lo esponeva ad un rischio grave e specifico.

Il datore di lavoro veniva condannato alla pena di un anno di reclusione per il capo A) e di complessivi 2.500,00 per i reati di cui ai capi B) e C) mentre il preposto veniva condannato alla pena di otto mesi di reclusione ed entrambi venivano condannati al pagamento, in solido, delle spese processuali con pena sospesa e non menzione.

Il ricorso in Cassazione e le motivazioni

Avverso il provvedimento della Corte di Appello il datore di lavoro ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, adducendo diverse motivazioni. Lo stesso ha fatto osservare che la sua è un’impresa di grandi dimensioni, dotata di una struttura complessa, avente, all’epoca dei fatti, una pluralità di cantieri in tutta l’Italia per cui erano stati nominati dirigenti specificamente preposti alla sorveglianza ed alla sicurezza sul lavoro. Il preposto coimputato, in particolare, era stato individuato quale direttore di cantiere con lo specifico compito di controllare l’osservanza delle norme di sicurezza ed era stato dotato di tutti i poteri decisionali, compresi i poteri di spesa per cui sarebbe stato impossibile ipotizzare una sua culpa in vigilando in quanto era addirittura inconsapevole dell’avvenuta assunzione del lavoratore.

La sentenza impugnata, secondo il ricorrente, si era limitata a citare due precedenti sentenze che hanno sancito, in presenza di una delega e con la pienezza e l’autonomia di poteri, l’esclusione di responsabilità del datore di lavoro per poi concludere invece che la delega esistente in capo al preposto non esclude comunque la responsabilità del datore di lavoro per cui, pur partendo dal presupposto dell’esistenza della delega, non ne aveva tratte le dovute conseguenze. Il datore di lavoro quindi per questa e per altre motivazioni indicate nel ricorso ha chiesto l’annullamento della sentenza della Corte di Appello.

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

Il ricorso è stato accolto dalla Corte di Cassazione che, a motivo delle considerazioni di seguito indicate, ha annullata la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di provenienza per un nuovo esame. La Corte suprema, nel mettere in evidenza che la Corte territoriale ha confermata la responsabilità del ricorrente, ha fatto comunque osservare che il GUP era arrivato a tale conclusione ritenendo che non vi fosse una valida delega di funzioni in favore del direttore tecnico di cantiere come tale in grado di spiegare efficacia liberatoria nei confronti del datore di lavoro e di far ricadere ogni responsabilità in capo allo stesso direttore tecnico di cantiere e capocantiere. Non si era riscontrata, infatti, una delega conferita in modo espresso, inequivoco e certo ed accompagnata dalla devoluzione al delegato di ogni potere di iniziativa e di spesa facente capo al delegante in materia di prevenzione degli infortuni e dalla volontaria e consapevole accettazione, da parte del delegato, degli obblighi e delle responsabilità gravanti, ex lege, sul datore di lavoro. La Corte territoriale, invece, aveva ravvisata la prova della delega formale in capo al direttore tecnico di cantiere dall’esame dei Piani Operativi di Sicurezza (P.O.S.) nei quali era stato indicato che lo stesso ricopriva una posizione di rilievo nell’ambito della struttura organizzativa dell’impresa per cui ha ritenuto che una delega di funzioni ci fosse.

La suprema Corte ha messo in evidenza a tal punto come nella sentenza della Corte di Appello impugnata dal datore di lavoro sia stata fatta una confusione fra le diverse figure del delegato e del preposto e che tale confusione dovrà essere chiarita dal giudice del rinvio. La Corte di Cassazione ha messo in evidenza che di recente le Sezioni Unite della stessa Corte hanno chiarito che, in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D. Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa (Sez. Un. N. 38343 del 24/4/2014, Espenhahn ed altri, Rv. 261108).

E’ stato anche fatto rilevare che la delega di funzioni, disciplinata precipuamente dall’art. 16 del D. Lgs. n. 81/2008, contenente il T.U. sulla sicurezza, non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite ma che comunque detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni, che la legge affida al garante, concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato. Ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato, al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo, e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni così come indicato nella sentenza della Sez. IV n. 10702 del 1/2/2012.

La Corte di Cassazione ha anche chiarito che, ai fini dell’individuazione del garante, “nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa; a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo”.

Il giudice del rinvio, ha così concluso la suprema Corte, è tenuto, dunque, a chiarire senza equivoci quale è stato il ruolo ricoperto dal ricorrente (era anche direttore di cantiere, come si legge in imputazione?) e quali erano i rapporti sul piano organizzativo dell’azienda con il direttore tecnico di cantiere, dovrà dare conto sulla presenza di un formale atto di delega rispondente ai criteri sopra ricordati e chiarire soprattutto, altresì, se il direttore tecnico di cantiere fosse un delegato ex art. 16 del D. Lgs. n. 81 del 2008 o un mero preposto, non dovendo trascurare che, secondo la giurisprudenza della stessa Corte di legittimità, il preposto e il datore di lavoro hanno due posizioni di garanzia distinte e concorrenti e che, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione.