Regolamenti REACH e CLP: impatto su sicurezza e aziende

Regolamenti REACH e CLP: impatto su sicurezza e aziende

clp_0

In merito all’impatto sulla protezione della salute dei lavoratori dai rischi delle sostanze chimiche è opportuno soffermarsi principalmente su due regolamenti:

regolamento REACH: il regolamento (CE) n. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche, la principale normativa UE relativa alle sostanze chimiche;

regolamento CLP: il regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele. Un regolamento che integra il REACH e assicura che i pericoli delle sostanze chimiche siano comunicati in modo chiaro a lavoratori e consumatori.

Da evidenziare l’intervento “L’applicazione dei regolamenti REACH e CLP nei luoghi di lavoro”, a cura di Gabriella Mortera (Presidenza dell’Ordine dei Chimici Interprovinciale dell’Emilia Romagna), dove si riporta, per comprendere l’impatto dei regolamenti, alcuni stralci di un editoriale apparso il 15 Dicembre 2006 (all’inizio del cammino del Regolamento REACH) sul giornale “Le Monde”: ‘per quanto imperfetto, questo testo costituisce un passo nella giusta direzione, quella di una ‘chimica verde’ che eliminerà progressivamente i prodotti nocivi per la salute. L’industria chimica europea, a buon diritto, ha addotto come argomento la minaccia alla sua competitività, giacché è vero che quelle degli altri sono sottoposte a obblighi meno pesanti. Ma così si attrezza per l’avvenire perché, sviluppando prodotti puliti, acquisterà un vantaggio sulla concorrenza. Dietro REACH si disegna il modello economico su cui l’Europa deve fare affidamento: un’industria e delle attività rispettose, per principio, dell’ambiente e della salute’.

La relatrice indica che può sembrare strano “parlare di competitività e di vantaggi sulla concorrenza quando si parla di Regolamenti e di obblighi”. Ma dopo un decennio di applicazione si può “veramente parlare di un vantaggio sulla concorrenza e di un incremento della sicurezza”? Ed è “concreto l’aumento del rispetto della salute e dell’ambiente”?

Probabilmente la maggior parte degli industriali o degli ‘addetti ai lavori’ che si sono dovuti “scontrare” con il REACH – “valutando il tempo e le risorse dedicate alla gestione degli obblighi, a comprendere i propri ruoli e le proprie responsabilità, a discutere con il fornitore per avere una Scheda Dati di Sicurezza (SDS) a norma” – potranno rispondere che il Regolamento REACH “non ha portato un reale vantaggio”. Anzi, si dirà che “ha fatto perdere tempo” e ha aumentato i costi dei prodotti.

Ma in realtà, a parere della relatrice, “per chi ha cercato di andare oltre alla mera applicazione delle regole, il REACH ha portato l’occasione di porsi delle domande e di cercare delle risposte. Infatti soprattutto quando si cerca di coniugare la necessità di creare, inventare, commercializzare, con la necessità di farlo in sicurezza, con lo sguardo rivolto alla salute dell’uomo e dell’ambiente, allora il dover indagare la chimica che c’è dietro al nostro prodotto, dover valutare l’uso che ne farà l’utilizzatore, cercare delle possibili alternative, è un valore aggiunto”.

La relazione sottolinea poi che il cambiamento della Scheda di Dati di Sicurezza è uno degli aspetti più “innovativi e dirompenti” del Regolamento REACH.

La registrazione delle sostanze chimiche “prevede, infatti, che sia effettuata una valutazione della loro pericolosità, una valutazione dei dati di esposizione alla sostanza negli scenari di uso e di emissione e quindi, valutando sia la pericolosità che l’esposizione, si arrivi alla definizione del rischio relativo all’impiego di quella sostanza”. E questo processo “si realizza in due momenti formali”:

– la Valutazione della Sicurezza Chimica (CSA): “consiste nella valutazione del pericolo per la salute umana dovuto alla tossicità e alle proprietà fisico­chimiche, del pericolo per l’ambiente e della eventuale presenza di sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT) o vPvB (molto persistenti e molto bioaccumulabili)”;

– la Relazione sulla Sicurezza Chimica (CSR): “la conseguente Relazione sulla Sicurezza Chimica si concretizza poi nello scenario espositivo”.

E “una delle richieste del REACH, ed anche uno dei suoi aspetti innovativi, è proprio l’inserimento nella scheda di sicurezza della valutazione dello scenario di esposizione, oltre ai tradizionali classici dati chimico-fisici, di ecotossicità e di tossicitá sull’uomo. Lo scenario d’esposizione consiste nel valutare e descrivere gli usi identificati, le condizioni di utilizzo e le misure di gestione del rischio, ossia valutare fino a che punto le persone e l’ambiente possono essere esposti in modo sicuro a questi prodotti”. In questo senso lo scenario espositivo e l’esame degli usi identificati, “diventano ora un punto cardine della valutazione del Rischio Chimico prevista dal D. Lgs. 81/08”.

In pratica – continua la relazione – però “l’implementazione e l’utilizzo per le valutazioni del rischio negli ambienti di lavoro dello scenario espositivo nelle Schede di Dati di Sicurezza comportano ancora parecchi punti oscuri, sia per quanto riguarda la valutazione del rispetto delle condizioni operative e delle misure di gestione del rischio descritte, sia per quanto concerne la chiarezza e l’usufruibilità di questi dati”.

La relazione che si sofferma poi sul tema delle miscele e sul Regolamento CLP, con riferimento alle novità del 2015, sottolinea che la strada che sta seguendo l’Europa in materia di sostanze chimiche è questa ed è necessario “che anche il mondo degli utilizzatori non rimanga passivo di fronte al cambiamento”.

In particolare è essenziale capire che “tutti questi sforzi non devono essere fini a se stessi, o ritenuti solo pesanti obblighi ma devono servire per rendere le nostre aziende e i nostri lavoratori più consapevoli, più informati dei rischi e delle modalità corrette e sicure di use dei prodotti”. Solo così – conclude la relazione – “si potranno sviluppare processi di produzione che permettano di ottenere performance elevate, ma preservando la salute e la sicurezza del lavoratore e dell’ambiente”. Un percorso che deve anche servire a comprendere che “la chimica è pericolosa solo se e quando non è gestita in modo corretto e responsabile”.