Potenziamento della lotta alla corruzione, introduzione diffusa del “Whistleblowing” nell’ordinamento italiano
Nell’implementazione di strumenti di contrasto alla commissione di illeciti, in generale, e della corruzione in particolare, il legislatore sta introducendo nell’ordinamento italiano un ulteriore tassello cioè il concetto di “whistleblowing” letteralmente “soffiare il fischietto”, che è termine inglese per esprimere la metafora del ruolo di arbitro o di poliziotto che così agiscono per richiamare l’attenzione su attività non consentite affinché vengano bloccate.
Da anni, pertanto, è termine entrato nella terminologia giuridica di diversi paesi di lingua inglese ad esempio: Whistleblower Protection Act negli Stati Uniti, Whistleblowers’ Charter alla base del Public Interest Disclosure Act nel Regno Unito ed ormai sul tema si segnala che nelle multinazionali viene fatta attività di formazione.
Infatti, in inglese whistleblower identifica proprio una persona che lavora in un’impresa o in un ente (pubblico o privato), che denuncia illeciti commessi al suo interno, riportandoli alle autorità competenti o all’opinione pubblica o anche alla stessa organizzazione se sono previsti meccanismi per raccogliere queste segnalazioni.
Quest’ultimo concetto è ripreso nel progetto di legge in discussione che ha ad oggetto una norma che stabilisca il suddetto sistema da applicare sia agli enti pubblici economici e di diritto privato sotto controllo pubblico, che alle società di diritto privato.
Sicché, come già sperimentato dalle società che hanno implementato il modello di organizzazione e gestione previsto dal D,Lgs. 231/2001 ovvero, in caso di ente pubblico il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e Programma Triennale per la Trasparenza previsto dalla L 190/2012 e dal D.Lgs. 33/2013 o, ancora, per le società di diritto privato in partecipazione o controllo pubblico il Modello 231 integrato con le parti denominate Piano per la Prevenzione della Corruzione e Programma Triennale per la Trasparenza, due appaiono essere gli elementi che contraddistinguono l’efficacia del whistleblowing:
- La presenza di un impianto normativo (procedure, regolamenti, istruzioni) idoneo a disciplinare le attività a rischio;
- La corretta informazione al personale circa l’obiettivo, il contenuto e lo spirito della segnalazione.
Infatti, sono tre i requisiti principali del concetto normativo in commento:
- la tutela dell’identità del segnalante, che dovrà tuttavia essere nota al destinatario della segnalazione, verosimilmente il Responsabile della prevenzione della corruzione previsto dalla Legge 190/2012 per le pubbliche amministrazioni e l’Organismo di Vigilanza ex D.Lgs. 231/2001 per gli enti privati, oltre che l’ANAC e la magistratura ordinaria o contabile. Non dovrebbero, pertanto, essere accettate segnalazioni anonime, anche se questo è uno degli elementi suscettibili di modifica;
- la tutela del segnalante da sanzioni, ritorsioni o più in generale ogni misura discriminatoria derivante dalla segnalazione, unitamente all’esplicito divieto di riconoscere premi per le segnalazioni;
- la necessità di buona fede nella segnalazione: eventuali comportamenti delatori, basati quindi sulla fornitura di informazioni consapevolmente non veritiere, o che denotino infondatezza per colpa grave del segnalante, saranno soggetti a provvedimenti disciplinari.
In assenza di uno, o entrambi, di questi elementi, si può verificare il caso del dipendente (pubblico o privato) che non effettui alcuna segnalazione in quanto dubbioso o del fatto che ciò che ha visto sia contrario alle prassi aziendali, o del fatto che quell’atto si configuri effettivamente come illecito, con il rischio di venire per giunta sanzionato per colpa grave.
Ciò minerebbe la generale efficacia della norma oltre che costituire minaccia al clima interno del singolo ente – critica, quest’ultima, prontamente mossa al provvedimento.
Ecco perché per ovviare a tali inconvenienti appaiono indispensabili gli elementi di efficacia a) e b) rappresentati dall’esistenza in azienda pubblica e/o privata di codici etici e di comportamento oltre che di ben costruiti e chiari protocolli di organizzazione, gestione e controllo, raccolti e richiamati dal Modello 231 anche implementato dal Piano di Prevenzione della Corruzione e Programma per la Trasparenza, su cui i dipendenti siano stati ben orientati ed informati attraverso un idoneo programma di formazione.
Solo così il soggetto saprebbe ben orientarsi con cognizione di causa se e quando segnalare comportamenti a rischio commissione reato.