Niente licenziamento per un’assenza di tre giorni se non lo prevede il contratto
L’assenza ingiustificata dal lavoro protratta per tre giorni e di cui il dipendente non aveva previamente avvertito il datore non è idonea a giustificare il licenziamento per giusta causa, laddove il contratto collettivo, in relazione alle assenze ingiustificate non superiori a cinque giorni consecutivi, preveda unicamente una sanzione conservativa.
La Corte di cassazione è pervenuta a questa conclusione (sentenza 13787/2016 ) sulla base del principio per cui una condotta inadempiente del lavoratore punita dal contratto collettivo con una sanzione conservativa non può essere oggetto di una valutazione autonoma e più grave da parte del giudice, fatto salvo il caso in cui dalla disciplina contrattuale collettiva non emerga che le parti non avessero escluso che, per i casi di maggiore gravità, fosse possibile applicare una misura espulsiva.
A ulteriore conforto di queste argomentazioni, che costituiscono l’esito di un indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la Cassazione fa riferimento alle disposizioni del “collegato lavoro”, laddove si afferma (articolo 30, comma 3, del Dlgs 183/2010) che nella valutazione sulle motivazioni del licenziamento il giudice tiene conto delle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo previste dai contratti collettivi.
Nella stessa direzione si muove, ad avviso della Suprema corte, la disciplina dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori dopo le modifiche introdotte dalla legge Fornero, atteso che il 4° comma prevede espressamente l’applicazione del regime di tutela reintegratoria “attenuata” (ovvero con diritto del lavoratore, in aggiunta al reintegro, a un indennizzo risarcitorio fino a un massimo di dodici mensilità) nell’ipotesi in cui il giudice accerti che l’addebito posto a fondamento del licenziamento disciplinare è punito dalle previsioni dei contratti collettivi con una sanzione conservativa.
Il caso esaminato dalla Cassazione verteva sul licenziamento per giusta causa intimato a un dipendente che, al termine di tre giorni di assenza continuativa e ingiustificata dal lavoro, è stato licenziato per giusta causa. In primo e secondo grado il licenziamento è stato annullato sul presupposto che il contratto collettivo prevedeva il licenziamento (peraltro, con diritto al preavviso) solo in caso di assenza ingiustificata prolungata oltre cinque giorni consecutivi.
L’impresa ha impugnato la sentenza sul rilievo, tra gli altri, che la condotta inadempiente posta in essere dal dipendente non era limitata a una prolungata assenza ingiustificata, ma si sostanziava anche nell’aver omesso la preventiva comunicazione dell’assenza. Su tale assunto si è sostenuto che l’illecito disciplinare ascritto al lavoratore travalicasse l’ipotesi tipizzata dal contratto collettivo, in quanto essa contemplava la sola assenza ingiustificata e non l’omessa comunicazione preventiva.
La Corte di cassazione non ha condiviso questa prospettiva e ha confermato che il dato dirimente, sul quale misurare la legittimità del provvedimento sanzionatorio, è dato essenzialmente dalla protrazione per meno di cinque giorni dell’assenza ingiustificata, senza che possa assumere un autonomo rilievo distintivo l’omessa preventiva comunicazione dell’assenza.