Neoassunti, sconto triennale «permanente» ed altre politiche incentivanti
Il dimezzamento dei contributi per i primi tre anni di contratto stabile per i giovani «sarà permanente», nel senso che, da quando entrerà in vigore, «varrà per sempre». La misura, secondo le prime stime del governo, ha un costo iniziale inferiore a 1 miliardo; per salire a circa due miliardi, a regime. L’esonero avrebbe un tetto annuo intorno ai 4mila euro (forse 4.030 – fin qui si era ipotizzato 3.250 euro); varrebbe anche in caso di trasformazione di contratto a termine o apprendistato; e conterrebbe, pure, una “norma anti-licenziamenti” (vale a dire, l’impresa, per usufruire dello sgravio, non deve aver licenziato nei sei mesi prima l’assunzione a tempo indeterminato del giovane, che poi non può licenziare nei sei mesi dopo).
È stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, affiancato dal consigliere economico di palazzo Chigi, Marco Leonardi, e dal numero uno di Anpal, Maurizio Del Conte, a illustrare ai sindacati, in un incontro durato quasi quattro ore, il pacchetto di interventi sull’occupazione allo studio in vista della prossima legge di Bilancio. Che punta diritto sui giovani: l’esecutivo, risorse ed Europa permettendo, sta spingendo su un incentivo tarato per gli under32 (finora l’asticella è ferma a 29 anni); e dal carattere “stabile”: «Per tutti i ragazzi, ricompresi nella fascia d’età che sarà decisa assieme al Parlamento – ha spiegato Giuliano Poletti – scatterà, a regime, il dimezzamento dei contributi per i primi tre anni di contratto a tempo indeterminato». «E proprio il carattere permanente dell’incentivo allo studio dell’esecutivo – ha aggiunto il professor Del Conte – avrà l’effetto di evitare possibili “bolle” o utilizzi opportunistici nel breve periodo. Anzi. Lo sgravio avrà proprio l’effetto di rilanciare le assunzioni stabili dei giovani».
Il ministro ha poi confermato l’ipotesi di una «agevolazione» ad hoc per le aziende che spingono su formazione e lavoro 4.0 (in vista della rivoluzione in atto con Industria 4.0): qui si starebbe ragionando su un credito d’imposta del 50% per spese legate alla digitalizzazione dei processi produttivi fino a 20 milioni. Da quanto si apprende, si “sconterebbe” la formazione aggiuntiva (rispetto, per esempio, a quella erogata attraverso i fondi interprofessionali); e il beneficio si estenderebbe anche alle Pmi che finora non hanno avviato veri percorsi di rinnovamento, ma che vorrebbero comunque formare i propri addetti in prospettiva del successivo salto tecnologico. Confermati, poi, anche il decollo delle politiche attive (l’assegno di ricollocazione, a ottobre, andrà a regime, coinvolgendo una platea potenziale di 4/500mila disoccupati); e l’idea di anticipare, nelle crisi aziendali, specie quelle che conducono a licenziamenti collettivi, il percorso di formazione e riqualificazione del personale “in esubero”, che scatterebbe subito, fin dal 1° giorno di collocamento in Cigs, e non più, come oggi, dopo il licenziamento. Qui sarebbe però chiesto un contributo, piuttosto pesante, pure alle aziende (la strada ipotizzata sarebbe la reintroduzione di un “ticket” licenziamento a carico dei datori). Il tema c’è, « ma sarà comunque approfondito con le imprese che incontreremo a breve», ha detto il ministro Poletti.