L’autoriciclaggio – condizioni di sussistenza
Il reato di autoriciclaggio è stato introdotto nel codice penale dalla legge n. 186/2014, per disciplinare il meccanismo della cd. voluntary disclosure, diretto a favorire il rientro dei capitali detenuti all’estero.
Per potersi configurare responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001 per il reato di Autoriciclaggio, occorre la concorrenza di due presupposti:
- un soggetto apicale o subordinato commetta o concorra a commettere un delitto non colposo produttivo di un provento, anche prescindere dall’interesse o a dal vantaggio dell’ente ma che ovviamente ne risponde solo se tale delitto sia ricompreso fra quelli previsti dl D.Lgs. 231/2001;
- lo stesso soggetto poi impieghi, sostituisca o trasferisca (in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative) quel provento (in ciò concretandosi la condotta di autoriciclaggio) «nell’interesse o a vantaggio» dell’ente “in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa” del provento medesimo.
Ed infatti, l’art. 648ter.1, c.p. punisce colui che impiega, sostituisce, trasferisce in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative il denaro, i beni o le altre utilità derivanti dal delitto non colposo definito “reatobase” che lo stesso ha commesso o concorso a commettere.
In definitiva, occorre accertare la sussistenza di condotte dissimulatorie ovvero anomale rispetto all’ordinaria attività mentre semplici operazioni “tracciabili”, non avendo tali caratteristiche, non dovrebbero assumere rilevanza penale.
La questione non è di poco conto riguardando, in particolare: i reati tributari e le condotte di ostacolo; l’identificazione dei cosiddetti “reati base” e, quindi, l’impatto sui modelli organizzativi.
Su quest’ultimo punto, alla luce delle brevi riflessioni sopra riportate, il Modello organizzativo deve strutturare i presìdi non tanto sul controllo circa la provenienza del denaro, quanto sulle modalità di utilizzo del denaro, Ciò aumenta le possibilità di far emergere eventuali anomalie o elementi non ordinari, impedendo così il ricorso a tecniche idonee a dissimulare operazioni non consentite volte ad ostacolare in concreto l’individuazione della provenienza illecita dei beni.
Per ottenere un simile risultato, si dovrà sicuramente incidere sui flussi decisionali interni all’organizzazione tendo alla loro segmentazione con più step di approvazione e verifica, in ragione della particolarità dell’operazione.