L’accordo di conciliazione dopo il licenziamento non vieta la Naspi
Per la conciliazione dopo il licenziamento, il decreto legislativo 23/2015, all’articolo 6 comma 3, ha disposto un rafforzamento degli obblighi di comunicazione in capo al datore di lavoro.
Il rafforzamento è dettato dal fatto che le somme erogate a seguito dell’offerta di conciliazione generano un minore introito per le casse dello Stato (stimato in 7,9 milioni di euro per l’anno 2016). La comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto (modello Unilav) di cui all’articolo 4-bis del Dlgs 21 aprile 2000, n. 181 , da inviare entro i 5 giorni successivi alla cessazione del rapporto, va infatti integrata da un’ulteriore comunicazione, da effettuare da parte del datore entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata l’avvenuta, o non avvenuta, conciliazione – il cui oggetto è la rinuncia del lavoratore a impugnare il licenziamento a fronte dell’erogazione della somma prevista in relazione alla sua anzianità presso quel determinato datore e al numero di dipendenti occupati – e la cui omissione è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l’omissione della comunicazione di cui all’articolo 4-bis: sanzione che va da 100 a 500 euro per ogni lavoratore.
Le prime indicazioni pratiche sono state fornite dal ministero del Lavoro con la nota 2788 del 27 maggio 2015 , con la quale si dava conto della nuova applicazione denominata «Unilav-Conciliazione» con cui i datori possono comunicare le informazioni relative al procedimento di conciliazione ex articolo 6, Dlgs n. 23/2015. Per effettuare la comunicazione, i datori devono registrarsi al portale cliclavoro e accedere all’applicazione inserendo il codice di comunicazione rilasciato al momento della comunicazione di cessazione: tale dato serve a collegare l’offerta di conciliazione al rapporto cessato (prima schermata). Il sistema (seconda schermata) propone poi i dati presenti nel sistema, già comunicati con il modello “Unilav_Cess”, relativi a lavoratore, datore e rapporto di lavoro; dovranno essere compilati solo i seguenti ulteriori campi: data di proposta dell’offerta di conciliazione; esito (Si/No) di tale offerta; in caso di esito positivo: sede, tra quelle previste, presso la quale il procedimento di offerta è effettuato; importo offerto; esito del procedimento (Si/No), ovvero se il lavoratore ha accettato o meno l’importo offerto.
Lo stesso dicastero è tornato sull’argomento con la successiva nota 3845 del 22 luglio 2015 , nella quale è stato precisato che la comunicazione – effettuabile anche tramite soggetti abilitati, quali i consulenti del lavoro, gli avvocati e procuratori legali, i dottori commercialisti, i ragionieri e periti commerciali, a condizione che abbiano inviato alla Dtl della provincia in cui esercitano la consulenza del lavoro la comunicazione relativa allo svolgimento di tale attività, le associazioni dei datori di lavoro eccetera – va inviata:
solo nei casi in cui il datore di lavoro propone la conciliazione al lavoratore: ne consegue che nessuna comunicazione deve essere inviata nel caso in cui, dopo aver comminato il recesso, il datore di lavoro non intenda offrire la somma prevista dalla norma;
anche dalle agenzie per il lavoro nel caso di risoluzione del rapporto di lavoro;
viceversa, non va effettuata quando il rapporto si risolve durante il periodo di prova.
Infine, con riguardo alla nuova prestazione di Assicurazione sociale per l’impiego (Naspi), va ricordato che – come precisato da parte del Ministero del lavoro con la nota 24 aprile 2015, n. 13 – la Naspi spetta (ove sussistano i requisiti in capo all’interessato) anche nel caso di licenziamento disciplinare, in quanto si tratta pur sempre di un caso di perdita involontaria (da parte del dipendente) del posto di lavoro; a medesima conclusione si deve giungere laddove il dipendente decida di accettare l’offerta economica propostagli dal datore nella “conciliazione agevolata” ai sensi dell’articolo 6 del Dlgs 23/2015 . Ciò in quanto, come precisato da parte del ministero, l’accettazione dell’offerta non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento e comporta, per espressa previsione normativa, solo la rinuncia all’impugnativa di tale atto: ne discende che, non modificando il titolo della risoluzione del rapporto, tale fattispecie deve intendersi come un’ipotesi di disoccupazione involontaria che consegue a un atto unilaterale di licenziamento da parte del datore di lavoro.