Il Datore di lavoro è responsabile dell’idonità delle attrezzature che sono nella disponibilità dei lavoratori

Il Datore di lavoro è responsabile dell’idonità delle attrezzature che sono nella disponibilità dei lavoratori

SICUREZZA – SENTENZA DI CASSAZIONE

Con la sentenza 43459/2014 la Cassazione ha ribadito che è obbligo del datore di lavoro vigilare affinché i lavoratori utilizzino solo attrezzature di lavoro conformi alla normativa antinfortunistica.
Il caso specifico riguarda la sentenza emessa dal Tribunale di Firenze con la quale il legale rappresentate di una srl veniva riconosciuto responsabile del delitto di lesioni personali ex art. 590, commi 1, 2° e 3° cod. pen., per colpa generica e per la violazione di specifiche norme antinfortunistiche, in danno di un dipendente il quale si era infortunato – riportando ferite nella regione frontale e fratture alla gamba destra giudicate guaribili in un tempo superiore a giorni 40 – cadendo a terra dalla scala sulla quale era salito per prelevare materiale stoccato a circa cm.168 di altezza, a cagione della mancanza, alle estremità inferiori dei due montanti ed alle estremità inferiori dell’attrezzo, del dispositivi antisdrucciolevoli nonché dei ganci di trattenuta. Il Tribunale aveva condannato l’imputato, con i doppi benefici di legge, alla pena di giorni venti di reclusione, concesse le attenuanti generiche dichiarate equivalenti alla contestata aggravante nonché al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede. La Corte d’appello aveva confermato la pronunzia di primo grado.

Contro tale decisione l’imputato aveva ricorso per cassazione articolando tre distinte censure, tra le quali che la scala in questione, al momento del fatto, si trovava non all’interno, ma all’esterno del magazzino aziendale; che nessun dipendente aveva mai usato detta scala e che invece la società aveva messo a disposizione scale idonee e conformi alle prescrizioni antinfortunistiche, effettivamente rinvenute dagli ispettorii, all’interno dello stesso magazzino.
Su tale punto la Corte d’appello di Firenze aveva confermato il giudizio di colpevolezza dell’imputato formulato dal Tribunale in quanto dalla compiuta istruttoria era emerso che la scala in ferro – le cui difformità dalle prescrizioni dettate dalla normativa antinfortunistica erano risultate incontestabili – fu trovata dall’operaio infortunatosi appoggiata su di uno scaffale, pur non facendo parte della dotazione originaria dell’azienda. Molto verosimilmente l’attrezzo di lavoro fu lasciato nel magazzino – ove la società si era di recente trasferita – dal precedente locatario. Era fuor di dubbio che la scala dovesse ritenersi nella disponibilità del dipendenti della società, pur potendo essi servirsi anche di scale a libro e di scale conformi alle prescrizioni di sicurezza, attesa la mancanza di espresso divieto di servirsene rivolto ai dipendenti dell’imputato da cartelli, sulla stessa apposti, che ne inibissero l’uso. La responsabilità colposa dell’imputato discendeva quindi dal fatto di non aver preventivamente controllato le obiettive condizioni della scala e di averne consentito l’impiego nell’azienda benché non a norma anziché eliminarla, non apparendo circostanza assolutamente imprevedibile, attesi gli evidenziati riscontri fattuali, che i dipendenti ne potessero occasionalmente far uso. Il fatto che l’operaio infortunatosi avesse tenuto una condotta imprudente ed avventata ( che comunque il datore di lavoro è tenuto a scongiurare in ottemperanza alle norme dì prevenzione antinfortunistica ) e avesse usato la prima scala esistente a portata di mano senza cercarne un’altra più sicura per assolvere alle proprie mansioni, non integrava un comportamento anomalo od imprevedibile od ontologicamente avulso dalle incombenze allo stesso demandate nell’azienda.
La Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.