Cassazione: Insindacabilità dei motivi posti a base della riduzione di personale
Cass. Sez. Lav. 4 gennaio 2017, n. 66
Licenziamento collettivo – Comunicazione di avvio della procedura – Motivi della riduzione – Sindacabilità – Esclusione
In materia di licenziamenti collettivi, a seguito dell’entrata in vigore della legge 23 luglio 1991, n. 223, il controllo giudiziale non può avere ad oggetto i motivi specifici di riduzione del personale, ma soltanto la correttezza procedurale dell’operazione e non possono formare oggetto di cognizione giudiziaria tutte le censure a mezzo delle quali – senza che siano fatte valere violazioni degli artt. 4 e 5 della detta legge e comunque senza che sia offerta prova della dolosa elusione dei poteri di controllo delle organizzazioni sindacali e delle stesse procedure di mobilità al fine di effettuare discriminazioni tra i lavoratori – si intenda investire l’autorità giudiziaria di un’indagine sull’effettiva esigenza di riduzione o trasformazione dell’attività; ne consegue che, una volta che la procedura si sia svolta nel rispetto degli adempimenti previsti dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, condotte datoriali quali l’assunzione di nuovi lavoratori o la richiesta di svolgimento di lavoro straordinario, dopo il licenziamento, sono irrilevanti, risultando esse inidonee ad incidere sulla validità del licenziamento stesso.
Nota
La Corte d’appello di Torino ha rigettato il gravame proposto dal lavoratore avverso la sentenza che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento intimatogli all’esito della procedura di riduzione del personale ex L. 223/91. In particolare la Corte territoriale ha ritenuto la procedura conforme alle prescrizioni di legge ed esente dai vizi di arbitrarietà sostenuti dal lavoratore che lamentava la natura ritorsiva del recesso.
Avverso tale decisione il lavoratore ha proposto ricorso per Cassazione, censurandola sotto vari profili, tutti respinti dalla Suprema Corte.
Per quanto qui rileva, con la massima riportata, la Cassazione ha ribadito un principio già affermato in numerosi precedenti (Cass. 26 agosto 2013, n. 19576) nei quali si è precisato che non è consentito il sindacato giurisdizionale sulle scelte imprenditoriali in tema di ridimensionamento del livello occupazionale in rapporto alle esigenze di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale quando le medesime risultino provate.
Seguendo tale impostazione la Cassazione ha evidenziato che, nella fattispecie in esame, attraverso l’apparente prospettazione di vizi di violazione di legge, era stata in realtà sollevata una richiesta di rivalutazione del merito istruttorio, già esaminato dalla Corte territoriale con motivazione immune da vizi.
Secondo la Cassazione, infatti, i giudici del merito avevano dimostrato sia di aver tenuto in debito conto le risultanze istruttorie – laddove hanno ritenuto confermato la stato di effettività della crisi aziendale che aveva generato la procedura di CIGS – sia di aver valutato con attenzione la correttezza procedimentale della procedura di riduzione, accertando che erano state effettuate tempestivamente tutte le comunicazioni prescritte e si era dato corso ai processi di verifica e controllo sindacale.
Il ricorso viene, pertanto, integralmente respinto.