D.Lgs 231/2001: le responsabilità del datore di lavoro e come gestirle

D.Lgs 231/2001: le responsabilità del datore di lavoro e come gestirle

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Se un dipendente causa un danno a terzi mentre sta svolgendo la propria prestazione lavorativa, il datore di lavoro risponde, insieme al lavoratore, per i danni arrecati a questi soggetti, anche se dimostra di aver adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il fatto. Una volta risarcito il danno, tuttavia, il datore di lavoro può rivalersi sul dipendente, per il rimborso di quanto anticipato.

Questa è la regola generale fissata dall’art. 2049 del Codice Civile che sotto la rubrica “responsabilità dei padroni e committenti” stabilisce: “I padroni e i committenti sono responsabili per i danni [2056 ss.] arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”. L’elemento di ancoraggio di questa responsabilità è ovviamente la sussistenza di un vincolo di dipendenza tra il lavoratore che provoca il danno a terzi ed il datore di lavoro chiamato a risponderne. Tale elemento viene inteso dalla giurisprudenza in senso “estensivo” e cioè affinché sussista tale vincolo non è necessario che vi sia un formale rapporto di lavoro subordinato ma è considerato sufficiente che la prestazione si sia svolta di fatto in regime di subordinazione e comunque ogni volta che il danno è stato causato da un soggetto che è inserito in modo stabile nell’organizzazione dell’imprenditore, soggetto al potere direttivo di quest’ultimo.  Tant’è che sono ricompresi nell’interpretazione estensiva tutti i rapporti che anche nel caso in cui il rapporto di lavoro sia formalmente incardinato presso un soggetto diverso può essere riconosciuta la responsabilità del soggetto che si avvale della prestazione di lavoro.

Tuttavia c’è un secondo elemento che deve sussistere unitamente al primo per aversi questo tipo di responsabilità in capo al datore di lavoro e cioè il c.d. “rapporto di causalità necessaria” con il lavoratore. Ciò significa che il danno deve essere stato prodotto dal dipendente nello svolgimento delle proprie mansioni o, comunque, essere stato agevolato dallo svolgimento dei compiti tipici del rapporto di lavoro. In altre parole il danno deve essere conseguenza delle azioni e/o omissioni perpetrate nello svolgimento delle proprie mansioni o incombenze proprie del rapporto di lavoro.

Mentre, ovviamente, non sussiste la responsabilità del datore se il danno è stato causato dal dipendente al di fuori delle incombenze proprie del rapporto di lavoro e cioè a questo estranee.

Quando il danno è commesso nell’ambito del rapporto di lavoro il datore di lavoro ne risponde anche se dimostra il comportamento colposo o doloso del dipendente. Quindi paga i danni anche se causati da un dipendente che ha travalicato i limiti dei propri poteri, o addirittura se il lavoratore ha agito violando gli ordini ricevuti.

V’è responsabilità solidale fra dipendente e datore di lavoro sicché il danneggiato ha facoltà di chiedere il risarcimento anche al datore di lavoro che è così legittimato ad agire sul dipendente per la restituzione di quanto pagato.

Ovviamente sarà sempre il datore di lavoro, che offre più garanzie economiche, il soggetto cui il danneggiato rivolgerà la propria richiesta di risarcimento.

Quali le difese per il datore di lavoro? Beh ovviamente assicurative ma il prezzo di una buona polizza può variare in maniera considerevole se l’azienda in questione è dotata in un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 oppure no. Infatti, tale tipo di modello contiene in sé il regime delle procure e delle deleghe aziendali, tutti gli organigrammi relativi ad ogni tipologia di norma tecnica aziendale che gestisce l’organizzazione del lavoro fin’anche agli stessi mansionari e sistema disciplinare. Tutto quanto questo è ciò che si definisce sistema 231 che garantisce all’azienda un controllo del proprio business a cominciare dal controllo di tutte le proprie attività interne ed esterne che, di fatto, riducono considerevolmente la possibilità di errore dei dirigenti e dei dipendenti (c.d. colpa) ed agiscono da deterrente per eventuali comportamenti dannosi voluti (c.d. dolo).

L’impresa assicuratrice terrà in debito conto l’esistenza o meno di un simile sistema di gestione aziendale.