Appalti: rapporto irregolare se viene fornita solo la forza lavoro
Anche dopo l’intervento del Dl 25/2017 , nella filiera degli appalti il rischio di incorrere nell’intermediazione illecita di manodopera rimane alto, con conseguenze pesanti sul piano sanzionatorio. Occorre quindi rispettare gli indici di genuinità dell’appalto spiegati dal ministero del Lavoro nella circolare 5/2011 .
Il fenomeno è tanto più rilevante quanto più le aziende esternalizzano interi processi produttivi per contenere i costi: in sostanza, un imprenditore usa la prestazione di un lavoratore dipendente di un’altra azienda per ottenere un’opera o un servizio dedotti nel contratto di appalto. L’articolo 29, comma 1, del Dlgs 276/2003 afferma che il contratto di appalto si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori impiegati nell’appalto, e per l’assunzione, da parte dello stesso appaltatore, del rischio d’impresa.
Gli indici di non genuinità
Il ministero individua cinque indici di non genuinità dell’appalto.
In primo luogo la mancanza in capo all’appaltatore della qualifica di imprenditore desumibile dalla documentazione fiscale o di lavoro (tra gli altri i bilanci e i libri contabili, le fatture commerciali, il certificato della camera di commercio, la relazione sulla gestione o il rendiconto finanziario), ma anche dalla carenza di specializzazione o esperienza in quel settore produttivo.
Un altro elemento di valutazione è l’assenza dell’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltatore nei confronti dei propri dipendenti, che non si deve arrestare alla sola gestione amministrativa del personale. In pratica, l’azienda deve essere in grado di organizzare e dirigere i lavoratori per realizzare quanto pattuito con il contratto di appalto.
Se l’appaltatore non fornisce i mezzi o le attrezzature per realizzare il risultato indicato dall’appalto, si potrebbe ipotizzare un appalto non genuino, soprattutto negli appalti “leggeri” (si pensi al settore informatico), sempre se è assente un potere di organizzare i lavoratori.
L’appaltatore deve contribuire in maniera significativa al raggiungimento del risultato fissato nel contratto, che il committente non può altrimenti realizzare con la propria attività imprenditoriale.
L’articolo 29, comma 1, del Dlgs 276/2003 introduce anche il concetto di rischio di impresa, inteso come eventualità di non coprire tutti i costi dei materiali, delle attrezzature e della manodopera impiegati per realizzare l’opera o il servizio. Il rischio imprenditoriale deve essere esteso anche alla possibilità di non ricevere il corrispettivo pattuito per l’attività svolta e di dover comunque versare le retribuzioni ai propri dipendenti, insieme con i contributi.
Si avrà un appalto illecito se l’appaltatore, in accordo con il committente, determina il corrispettivo in base alla retribuzione oraria dei lavoratori e dei contributi da versare, desumibili dal Libro unico del lavoro dell’appaltatore e dalle fatture commerciali.