Sicurezza: la Cassazione sul modello collaborativo e sull’obbligo di vigilanza

Sicurezza: la Cassazione sul modello collaborativo e sull’obbligo di vigilanza

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Il sistema prevenzionistico disegnato dal legislatore è imperniato su un modello collaborativo che ripartisce gli obblighi tra più soggetti ma ciò ciononostante in capo al datore di lavoro sussiste un potere-dovere di vigilanza permanente.

E’ un insegnamento quello che discende dalla lettura della sentenza della Corte di Cassazione che richiama sostanzialmente un principio generale che in Italia è stato introdotto in materia di salute e sicurezza sul lavoro fin dall’acquisizione negli anni ’90 delle direttive europee ma che solo negli ultimi tempi sta trovando il giusto spazio nella giurisprudenza, un principio in base al quale ad un sistema della organizzazione della sicurezza sul lavoro nelle aziende di tipo apicale, che ha visto nel datore di lavoro il deus ex machina dell’organizzazione stessa, è subentrato un sistema collaborativo che, pur facendo comunque capo al datore di lavoro stesso, prevede invece il coinvolgimento di varie figure e soggetti obbligati, lavoratori compresi.

Il sistema prevenzionistico disegnato dal legislatore, ha infatti ricordato la Corte di Cassazione richiamando la sentenza n. 8883 del 10/02/2016 della Sezione IV della stessa Corte, è ora imperniato su un modello collaborativo che ripartisce gli obblighi tra più soggetti nell’organizzazione di un’azienda ma ciò ciononostante in capo al datore di lavoro sussiste un potere-dovere generale di vigilanza permanente sul rispetto delle disposizioni antinfortunistiche impartite ai lavoratori così come previsto sia dall’art. 18 lett. f) del D. Lgs. n. 81/2008 che ha imposto al datore di lavoro di richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni antinfortunistiche che dall’art.19 dello stesso decreto legislativo che ha affidato al preposto la funzione di vigilare sull’osservanza delle norme e delle direttive, oltre che sull’uso dei presidi di protezione, da parte dei lavoratori con la conseguenza che, ove non vi sia un preposto, il predetto obbligo di vigilanza permane in capo al datore di lavoro.

 

Il fatto, l’iter giudiziario e il ricorso in cassazione

La Corte di Appello ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale nei confronti di un datore di lavoro in relazione al reato di cui agli artt.113 e 590, comma 3, cod. pen.. All’imputato era stato contestato di avere cagionato per colpa, delle lesioni personali gravi a due lavoratori i quali, mentre erano adibiti alla demolizione di un solaio al primo piano di una civile abitazione, sono stati trascinati dal crollo di un solaio dopo averlo svincolato dai muri perimetrali con dei martelli demolitori. Nell’occasione, mancavano idonei dispositivi individuali di protezione quali imbracature di sicurezza, in assenza di idonee opere di rafforzamento e puntellamento del solaio, ed era mancata una idonea formazione dei lavoratori alle opere di demolizione oltre ad unna specifica previsione e programmazione nel piano operativo di sicurezza della fase di demolizione.

L’imputato ha ricorso per cassazione evidenziando che dall’istruttoria era emerso che il datore di lavoro aveva messo a disposizione dei lavoratori le attrezzature necessarie ed aveva indicato loro le modalità attraverso le quali avrebbero dovuto eseguire la demolizione, ma che i lavoratori, sebbene esperti, avevano posto in essere un comportamento radicalmente lontano dalle ipotizzabili imprudenze nell’esecuzione del lavoro. Lo stesso si è lamentato, inoltre, del fatto che nella sentenza impugnata non si era tenuto conto dell’attenzione del datore di lavoro perché i lavoratori osservassero le prescrizioni antinfortunistiche né del loro rilevante concorso di colpa.

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in quanto ha ritenute infondate le motivazioni nello stesso addotte. La stessa Corte, con riferimento alle affermazioni riportate nell’atto di impugnazione secondo le quali i lavoratori addetti alla demolizione del solaio erano esperti, avevano in precedenza eseguito altre demolizioni ed avevano ricevute le attrezzature necessarie per puntellare i solai nonché le indicazioni sulle modalità per eseguire il lavoro in sicurezza, ha replicato osservando che non vi fosse invece prova dell’esperienza pregressa dei due lavoratori né delle direttive loro fornite dal datore di lavoro il quale si era limitato ad impartire l’ordine di demolire il solaio non puntellato mettendo a disposizione due martelli pneumatici, una flessibile, una pala ed una scala, senza alcun dispositivo antinfortunistico.

La suprema Corte ha fatto altresì osservare che nella sentenza impugnata era stato precisato che l’asserita, ma indimostrata, esperienza dei lavoratori non potesse considerarsi circostanza decisiva sia perché colui che svolgeva da quarant’anni mansioni di muratore aveva dichiarato di non essersi mai occupato di solai e che ne aveva solo demoliti due nella stessa abitazione il giorno precedente, sia perché nessuno aveva loro spiegato che il telaio dell’ultimo solaio era posizionato in modo differente e sia perché colui che svolgeva mansioni di manovale si limitava ad eseguire gli ordini del primo. La Corte territoriale aveva inoltre posto l’accento sulla circostanza, emersa nel corso dell’istruttoria dibattimentale, che i due lavoratori svolgevano il loro lavoro senza l’assistenza di alcun preposto supervisore ma alla sola presenza della proprietaria dell’abitazione committente che, ovviamente, non svolgeva attività di preposta.

In linea di principio, ha quindi sostenuto la suprema Corte, giova ricordare che “il sistema prevenzionistico disegnato dal legislatore è ora imperniato su un modello collaborativo che ripartisce gli obblighi tra più soggetti (Sez. 4, n. 8883 del 10/02/2016, Santini, Rv. 266073); ciononostante, sussiste in capo al datore di lavoro un potere- dovere generale di vigilanza permanente sul rispetto delle disposizioni antinfortunistiche impartite ai lavoratori (Sez. 4, n. 24136 del 06/05/2016, Di Maggio, Rv. 266853; Sez. 4, n. 4361 del 21/10/2014, dep. 2015, Ottino, Rv. 263200 che fonda tale dovere sull’art.2087 cod. civ.) che, ancorché non espressamente previsto, si ricava sia dall’art.18 lett.f) che dall’art.19 d. lgs. 9 aprile 2008, n.81”. Tali norme, in sintesi, prevedono l’obbligo del datore di lavoro di richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle disposizioni antinfortunistiche e la funzione del preposto di vigilare sull’osservanza delle norme e delle direttive, oltre che sull’uso dei presidi di protezione, da parte dei lavoratori, con la conseguenza che, ove non vi sia un preposto, il predetto obbligo di vigilanza permane in capo al datore di lavoro.

La Sez. IV ha fatto infine notare che, non essendovi una specifica contestazione dell’assunto secondo il quale i lavoratori non fossero assistiti da alcun preposto, né fossero stati dotati di idonei dispositivi individuali di protezione né adeguatamente formati, il criterio di giudizio al quale si erano attenuti i giudici di merito è risultato conforme a quel principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle loro responsabilità quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità.