Welfare aziendale, regolamento interno non è sufficiente per l’integrale deducibilità senza l’accordo collettivo

Welfare aziendale, regolamento interno non è sufficiente per l’integrale deducibilità senza l’accordo collettivo

Welfare

La legge di Stabilità per il 2016 (articolo 1, commi 182-190) ha, tra l’altro, riformulato la lettera f) dell’articolo 51, comma 2, del Tuir, disponendo che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente «l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100;». Rispetto al vecchio testo la novella esclude dal reddito di lavoro dipendente le opere e i servizi di cui al comma 1 dell’articolo 100, anche nelle ipotesi in cui siano riconosciuti al lavoratore sulla base di:
– contratti,
– accordi o regolamenti aziendali.
A sua volta l’articolo 100, comma 1, del Tuir stabilisce, con formulazione invariata, che le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di:
– educazione,
– istruzione,
– ricreazione,
– assistenza sociale e sanitaria
– culto,
siano deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente.

Resta altresì invariata la caratteristica essenziale di tali benefit, ossia la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente subordinata alla condizione che siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di essi (per la relativa nozione v., ad esempio, la circolare AgE 326/1997).

Dalla lettura della nuova lettera f) del comma 2 dell’articolo 51 Tuir si è ritenuto di inferire la possibilità per le aziende di implementare un sistema di welfare aziendale attraverso la predisposizione di un proprio regolamento interno (regolamento aziendale), senza passare per la ben più complessa contrattazione aziendale o di prossimità. Si ricorda, infatti, che il regolamento aziendale è il risultato di una determinazione unilaterale del datore di lavoro in quanto espressione del suo potere organizzativo. Su tale quadro normativo si è successivamente inserita la lettura interpretativa data dalla agenzia delle Entrate nella circolare 28/E del 15 giugno 2016 secondo cui (pr. 2.1), limitatamente alla casistica del regolamento aziendale, in cui si subordina la deducibilità integrale e non limitata dei benefit alla condizione che il regolamento medesimo “configuri l’adempimento di un obbligo negoziale”.

Ora non è chiaro come possa configurarsi un regolamento interno aziendale, espressione di per sé unilaterale della volontà datorile, quale atto conseguente ad un “adempimento di obbligo negoziale”. Una ipotesi di lettura potrebbe essere rinvenuta nella astratta possibilità che la sua predisposizione sia prevista come obbligo da altra fonte di natura contrattuale necessariamente collettiva (contrattazione aziendale o di prossimità, ovvero di primo livello): solo in questo caso, stando alla lettura offerta dalla agenzia delle Entrate, le spese sostenute ai fini indicati sulla base delle previsioni contenute in un regolamento aziendale sarebbero integralmente deducibili. A ben vedere la interpretazione offerta dalle Entrate risponde ad un logica dicotomica non infondata, basata sulla presenza o meno della volontarietà datorile circa la erogazione del benefit: presenza di volontarietà datorile circa la erogazione: deducilità limitata del benefit; assenza di volontarietà datorile circa la erogazione: deducilità integrale del benefit.

Logica confermata in un altro passaggio della citata circolare, laddove si afferma che «tale limite di deducibilità [ quello previsto dall’articolo 100 co. 1 del Tuir] continua ad operare , invece, in relazione alle ipotesi in cui le opere ed i servizi siano offerti volontariamente dal datore di lavoro.”. Il comma 1 dell’articolo 51 lettera f) contiene l’avverbio «volontariamente», ma la deducibilità integrale va letta in relazione all’articolo 95 comma 1 del Tuir, il quale rimanda al menzionato comma 1 dell’articolo 100 (quindi prevale, in questo caso, la deducibilità limitata prevista da questa ultima norma). In tale logica dicotomica la previsione normativa del benefit erogato sulla base di un regolamento aziendale (espressione, si ripete, di unilaterale volontà datorile), deducibile integralmente ai sensi del menzionato articolo 51 co.2 lett. f) del Tuir, appare palesemente contraddittoria: di qui la interpretazione mirata a ricondurre il regolamento interno/aziendale ad espressione conforme di un preesistente obbligo negoziale (che, come si è detto, non può che essere ascritto alla autonomia collettiva, di primo o secondo livello), in modo da renderlo non più atto volontario (o soltanto volontario) ma necessitato (almeno riguardo alle previsioni concernenti la erogazione dei benefit in commento). Una forzatura interpretativa tutto sommato ispirata da criteri di buon senso, ma che confligge con la lettera della norma e, soprattutto, lascia invariate le incertezze degli operatori chiamati ad applicarla in concreto (atteso che la interpretazione amministrativa non è certo vincolante per il giudice).

Prudenzialmente si ritiene che, allo scopo di garantirne la integrale deducibilità, l’erogazione dei benefit dovrebbe avvenire sulla base di un regolamento aziendale (o clausole di esso) previsto obbligatoriamente da un accordo collettivo di primo o secondo livello e conseguentemente adottato (ovvero successivamente integrato). In mancanza di tale condizione (la preesistente previsione collettiva) l’erogazione del benefit effettuata sulla base del regolamento aziendale sarebbe contrassegnata dalla sola volontarietà/discrezionalità del datore e, pertanto, sarebbe deducibile solo nei limiti previsti dal comma 1 dell’articolo 100 del Tuir.