Legge su assunzione disabili – collocamento mirato, le principali novità per il 2017
LE NOVITA’ IN SINTESI
La revisione ha toccato i criteri di computo della riserva, l’insorgenza dell’obbligo di assunzione ed il sistema sanzionatorio.
La decorrenza dell’obbligo di nuova assunzione
Per effetto di quanto previsto dall’articolo 3 del D.lgs 151/2015 che testualmente recita, “…l’articolo 3, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68 e’ abrogato con effetto dal 1° gennaio 2017. …All’articolo 3, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68 le parole da: «e l’obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione» sono soppresse con effetto dal 1° gennaio 2017”, la “sospensione” dall’obbligo di assunzione – che nelle aziende da 15 a 35 coinvolgeva pertanto la sedicesima assunzione – è soppressa con decorrenza gennaio 2017.
Ne deriva quindi, che l’obbligo di assumere il lavoratore disabile è operativo non sulla nuova assunzione dopo aver raggiunto le 15 unità, cioè la soglia minima per essere assoggettati alla disciplina in materia di disabili, ma già al raggiungimento del quindicesimo lavoratore, poichè non opera più la disciplina in materia di “nuova assunzione”, prevista nella previgente formulazione dell’articolo 3 della legge 68/99, così come sopra indicata.
La quota di riserva
In relazione a quanto previsto dall’articolo 3 della legge 68/99 per quota di riserva va inteso il numero dei lavoratori appartenenti alle c.d. categorie protette, che devono essere avviati presso il datore di lavoro, in base al suo requisito dimensionale.
L’articolo 4 della norma citata, definisce invece le modalità di computo dei soggetti occupati in azienda, al fine di determinare l’entità della riserva da destinare alle assunzioni dei soggetti tutelati dalla legge 68/99.
L’articolo 4 del D.lgs 151/2015 ha modificato l’articolo 4 della legge 68 che nella versione originaria prevedeva quanto segue:
“I lavoratori, già disabili prima della costituzione del rapporto di lavoro, anche se non assunti tramite il collocamento obbligatorio, sono computati nella quota di riserva di cui all’articolo 3 nel caso in cui abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60 per cento o minorazioni ascritte dalla prima alla sesta categoria di cui alle tabelle annesse al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, o con disabilità intellettiva e psichica, con riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dagli organi competenti.”
In buona sostanza, il computo nella quota di riserva avveniva in presenza di una delle due condizioni individuate dal legislatore e cioè
• la presenza di una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60 per cento, ovvero
• la presenza di speciali minorazioni ovvero la presenza di disabilità intellettiva e psichica, con riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, accertata dagli organi competenti.
Il D.lgs 185/2016, il provvedimento correttivo della recente riforma del mercato del lavoro, ha invece previsto che siano da considerare nella quota di riserva anche i lavoratori disabili non assunti per il tramite delle strutture del collocamento obbligatorio, che abbiano una riduzione della capacità lavorativa anche pari, e non solo superiore al 60%.
Con questo intervento dunque, non è più necessaria una disabilità minima del 61% perchè il lavoratore sia computabile nella quota di riserva, ma la soglia si è abbassata al 60%.
Alla luce di quanto sopra, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie protette nella seguente misura:
– 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
– due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
– un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
I limiti sono da intendere come riferiti all’intero territorio nazionale e non ad altro parametro territoriale o unità produttiva o altra suddivisione di origine aziendale. L’assunzione o l’attivazione di misure alternative deve avvenire entro 60 giorni dal momento in cui è sorto l’obbligo. Gli obblighi di assunzione sono sospesi nei confronti delle imprese che si trovano in stato di difficoltà e hanno richiesto l’intervento della Cigs per ristrutturazione, crisi aziendale o contratto di solidarietà.
Il nuovo sistema sanzionatorio
Il sistema sanzionatorio è stato rivisitato ad opera dell’articolo 5 del d.lgs 185/2016, entrato in vigore – come si è detto – lo scorso 8 ottobre; il correttivo del Jobs Act ha infatti previsto che la sanzione per la mancata assunzione di un disabile è stabilita in “una somma pari a cinque volte la misura del contributo esonerativo di cui all’articolo 5, comma 3-bis”.
Ciò significa che per ciascuna giornata lavorativa di mancata assunzione di un lavoratore disabile, la sanzione amministrativa passa da euro 30,64 a euro 153,20, inasprendo quindi gli effetti in modo decisamente importante anche da un punto di vista economico.
E’ opportuno precisare, che in relazione a quanto già previsto con nota 638/2001 del Ministero del Lavoro circa il significato da attribuire al concetto di “giornata lavorativa”, se sulla base del contratto e dell’attività svolta dal datore di lavoro l’orario settimanale è articolato su cinque giornate lavorative, il contributo esonerativo va calcolato su cinque giorni; viceversa se il sabato è lavorativo il contributo è versato anche per tale giornata.
La seconda novità introdotta in materia di sanzioni, riguarda la possibilità che l’illecito commesso sia diffidabile ex art. 13 del d.lgs n. 124/2004. Pertanto, l’illecito sarà considerato sanato attraverso:
• l’effettuazione della richiesta di assunzione avanzata presso gli uffici competenti e
• la successiva stipula del contratto di lavoro con il soggetto disabile avviato,
ed in caso di ottemperanza alla diffida, la sanzione verrebbe ridotta a euro 38,30, cioè ad 1/4 della sanzione prevista.
Il D.lgs nulla precisa a proposito dell’efficacia temporale di tale regime sanzionatorio, per cui si ritiene che ai fini dell’applicazione delle sanzioni, sia rilevante distinguere
–l’illecito iniziato e cessato nel periodo in cui vigevano le vecchie sanzioni (euro 62,77 al giorno con illecito non diffidabile) e
–l’illecito iniziato in periodo di vigenza della nuova disciplina sanzionatoria (euro 38,30 se diffida ottemperata, ovvero euro 153,20 in caso di sanzione piena).
Pare anche opportuno evidenziare che – in attesa di ulteriori istruzioni ministeriali – sia possibile ritenere che in caso di illecito iniziato in periodo con vecchie sanzioni, ma cessato durante il periodo di vigenza delle nuova sanzione, siano applicabili le nuove sanzioni, ma anche l’istituto della diffida ad adempiere.